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Valerio Bartolucci
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| Berlin della gelosia e della rabbia |
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Berlin della gelosia e della rabbia
Intervista esclusiva a Lou Reed prima del suo tour italiano.
di Valerio Bartolucci
«La Factory e tutto l’entourage di Andy Wahrol devono essere stati di una grande influenza e ispirazione nella tua opera. Chi pensi che furono i tuoi maestri più sentiti?
Sono stati tempi unici. Ho sentito tantissimo l’influenza di Ferlinghetti, Burroughs, la Factory e tutti quelli che ci giravano attorno.»
Lou Reed ritorna on the road con la sua vecchia opera del 1973 Berlin, un’oscura e geniale opera in stile mittleuropeo sulla donna-prostituta Caroline.
Se si afferma che Lou Reed è il più geniale e controverso artista rock vivente e che è una delle personalità più complicate del mondo artistico degli ultimi 100 anni si sbaglia di poco. Niente è rimasto uguale, tutto e tutto il suo contrario: è passato attraverso più mutazioni che il proprio amico-nemico David Bowie. Ma, mentre nel caso di quest’ultimo le mutazioni erano il segno di una sperimentazione, nel caso di Lou Reed sembra che il caso abbia sempre dominato sulla necessità. Forse l’unica maniera per spiegarlo è di utilizzare le parole del suo maestro William Burroughs «C’è un certo senso nello spiegare il caos con il caos».
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