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   18 maggio 2024 23:47 NUMERO 281    2009   

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Christian Poccia
Ritratto di famiglia
Fashion Victims
“I fashion victims sono quei gay che raccolgono su di sé più firme di quante ne abbia raccolto Marco Pannella nella sua vita”.

La geniale definizione è di Vladimir Luxuria e calza a pennello, è il caso di dire. Il nostro viaggio alla scoperta dei tanti modi di essere gay, comincia da loro: i fashion victims, gli schiavi della moda, quelli che per una sola scarpa di Gucci lascerebbero su due piedi il proprio ragazzo.
Alla fine degli anni Novanta, si affaccia al mondo una nuova generazione di omosessuali cresciuti senza ideologie politiche in cui credere, senza battaglie da condurre, liberi e belli, consapevoli di vivere un tempo di libertà e disinvoltura che i fratelli maggiori avevano contribuito ad assicurare loro, uscendo faticosamente dal ghetto.
Questi adolescenti fin de siècle sapevano perfettamente di poter conquistare il loro piccolo mondo di plastica, che poi è il mondo vero, quello in cui tra apparire ed essere non c’è differenza; e avevano capito che per riuscirci bisognava far colpo, mostrarsi migliori degli altri. Non essere migliori.
Smessi gli stracci ideologici che per tutti gli anni Settanta avevano fatto della causa omosessuale prima di tutto una questione politica, molti giovani gay nati negli ultimi anni di quel terribile decennio, riscoprirono l’irresistibile fascino della superficialità, il vezzo bohemien del piacere estetico. Si scelsero come Idoli da adorare, il Signore della Moda e i suoi figli, stilisti e pubblicitari che promettevano loro un mondo sfavillante e colorato come una vetrina di Dolce e Gabbana. Nascevano allora i fashion victims per come li conosciamo noi.
Oggi, nel 2005, costituiscono una parte importante della multiforme realtà omosessuale, sicuramente la più rappresentata mediaticamente e quella che il mainstream etero comprende meglio e che identifica con lo stereotipo gay. Dopotutto non sono, gli omosessuali, arbitri di eleganza, prìncipi del gusto? Non sono forse esteti sopraffini, sacerdoti del bello? Non sono loro a imporre tendenze e stili? Certo che lo sono, ma soltanto nel luogo comune eterosessuale. Perché di questo si tratta: una banale generalizzazione e come tale fuorviante.
Tuttavia i fashion victims hanno conquistato la scena gay e per ora se la godono. Ma chi sono? Giovani, anzi giovanissimi omosessuali, smaliziati e disinibiti, che non temono il giudizio degli altri, troppo presi a giudicare sé stessi, a scegliere i trucchi e i costumi per mostrarsi al mondo brutto e malvestito. Informatissimi sugli ultimi trend della moda, non si perdono un numero di quella bibbia profana che è “L’uomo Vogue”. Si muovono con naturalezza tra le creazioni delle fashion houses, ma spesso sono loro stessi che anticipano stili che poi furbescamente i designers rubano e reinventano.

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