«Abbiamo ridato dignità a questo Paese e questo Paese ci ringrazierà». La prima a parlare dal palco mobile di Piazza San Giovanni, è Rossana Praitano, presidente del Mario Mieli che ammette di aver pianto vedendo «quanti siamo in questa meravigliosa giornata di festa». Il Gay Pride 2007 ha riempito le strade di Roma con un milione di persone, secondo gli organizzatori, e gli attivisti glbt che si alternano dall’autobus a due piani usato come palcoscenico non si stancano di ribadirlo.
Il neopresidente di Arcigay, Aurelio Mancuso, chiede ufficialmente il «matrimonio» perché «i Dico non li vogliamo», annunciando nuove forme di lotta: «Abbiamo messo insieme un pool di giuristi per studiare quali tasse non dobbiamo pagare se non verranno riconosciuti i nostri diritti», spiega Mancuso.
Incendiaria, come al solito, Imma Battaglia, organizzatrice del World Gay Pride del 2000 e presidente del “Di Gay Project”, che urla nel microfono: «Politici ipocriti, i nostri voti ve li dovete guadagnare» e, rivolta al centrosinistra di Prodi, «non ci avrete più!». Parole durissime dalla madrina dell’associazione romana anche contro il Vaticano, «uno Stato estero che noi cittadini italiani ospitiamo nel nostro territorio».
Restano un po’ defilati i quattro parlamentari che prendono la parola, ammettendo la debolezza della maggioranza di centrosinistra sulla questione omosessuale, ma Franco Grillini, Vladimir Luxuria, Titti De Simone e Giampaolo Silvestri, confermano la volontà di proseguire la lotta senza esclusioni di colpi all’interno delle istituzioni.
Commovente e coraggioso, infine, l’intervento di Nikolay Kramov, militante russo del Partito Radicale Trasnazionale e protagonista dell’azione non violenta di Mosca finita con la repressione della polizia. «Sono felice di essere fra di voi per affermare il diritto, lo stato laico e la libertà, qui a Roma come a Mosca, alla Mecca o a Gerusalemme», ha detto Kramov pieno di orgoglio, avanzando poi la speranza «che l’anno prossimo nella mia città possa esserci un Gay Pride legale e dignitoso».
Christian Poccia